A cura di Irene Puma
“La denuncia obbligatoria e l’isolamento furono mantenuti; le case dei malati “dovevano essere chiuse e disinfettate, i congiunti sottoposti a una quarantena di sicurezza, i seppellimenti organizzati” …. Il dispaccio del prefetto diventa definitivo: “Si dichiari lo stato di peste. La città è chiusa”
Albert Camus, La Peste

In queste settimane di quarantena (3 settimane, 21 giorni, e chissà quante ore) le esistenze di tutti sono state stravolte. Molti percepiscono di star vivendo con gli occhi chiusi, in attesa di svegliarsi e di riprendere la normalità delle proprie vite; delle volte si avverte una strana sensazione che ogni tanto bussa alla porta e si manifesta: la coscienza di una vita sospesa e di momenti dell’esistenza sprecati
I momenti di crisi costringono al cambiamento e l’uomo, si sa, va continuamente in crisi.

I punti di rottura portano a reinventarsi e a creare nuovi equilibri, seppur in questa situazione temporanea e non definitiva. Infatti la vita va avanti lo stesso e ci costringe ad adattarci:
– si va a fare la spesa… benché con un nuovo accessorio sul viso;
– si fa la pizza in casa… categoricamente di sabato;
– si fa “sport”;
– si ripescano vecchie statue religiose a cui affidare la propria fede.



